IL GIALLO È IL COLORE CHE HO SEMPRE AMATO

di Ultima Generazione

“Il giallo è il colore che ho sempre amato”. Con questo commento dell’artista Maurizio Cattelan si chiude, sempre che ufficialmente si fosse aperto, il dibattito sulla scelta del movimento italiano per la giustizia climatica Ultima Generazione di “prendere di mira” opere d’arte per molte azioni di disobbedienza civile nonviolenta.

Azioni che, è sempre utile ribadirlo, anche per chi ancora preferisce strumentalmente raccontare il contrario, non hanno arrecato alcun danno ai dipinti, installazioni artistiche ed edifici, imbrattati sempre con vernici lavabili. Perché, mentre anche certi ambienti della cultura italiana e dell’associazionismo legato alla tutela del patrimonio artistico e storico si sono scandalizzati ed indignati verso il metodo usato dai giovani di Ultima Generazione (invocando anche pene severe ed esemplari), alcuni si sono chiesti, con meno acredine e più stimolo culturale, che cosa avrebbero pensato gli autori di quelle opere d’arte rispetto a quello che banalmente e rapidamente è stato etichettato e schedato come “atto vandalico”. Ad esempio, Van Gogh, Botticelli, Andy Warhol e altri. Su quelli scomparsi e storicizzati si può solo esercitare la fantasia. Anche se ci piace immaginare che Vincent Van Gogh, morto povero ed in solitudine, si siederebbe oggi accanto a questi ragazzi, in attesa di farsi portare via di peso assieme a loro in Questura dalle Forze dell’Ordine. Indignato e deluso nel vedere come la ferocia del capitalismo, in questo nostro tempo, ha ridotto quel campo solcato dal seminatore al tramonto da lui dipinto: asfaltato da qualche inutile pedemontana, ricoperto da distese di impianti fotovoltaici a terra, o scavato per interrarci illegalmente rifiuti industriali cancerogeni, oppure ceduto per decenni alle multinazionali dell’agroalimentare che, al posto delle biodiversità colturali, vi impiantano soia e noccioleti.

Nel caso dell’installazione “L.O.V.E.” in marmo di Carrara di Cattelan, posizionata di fronte al Palazzo Mezzanotte (o della Borsa) di Milano ed oggetto di imbrattamento dell’azione di Ultima Generazione dello scorso 15 gennaio, il pensiero dell’autore è arrivato quasi in tempo reale. Di fatto, l’aver scelto quella mano, a cui sono state mozzate quattro dita lasciando solo il Medio, tranciando un immaginario saluto romano al fascismo contemporaneo che oggi rappresenta il mondo finanziario ed industriale protagonista delle Borse, è coerente con il messaggio e la campagna di Ultima Generazione: “Non Paghiamo il Fossile”.

In quelle piazze d’affari, fisiche ed informatiche, il capitalismo privato continua ad investire solo sulle fonti energetiche fossili, sostenuto da una montagna di euro di finanziamenti pubblici ambientalmente dannosi che solo per l’Italia, nel 2021, ammontano a 41,8 miliardi di euro (cfr. Rapporto Legambiente). Un mondo industriale, economico e finanziario, che poi, nelle più evidenti azioni di greenwashing, si “pulisce la coscienza” con atti di filantropia e mecenatismo culturale, sostenendo musei statali, nazionali ed internazionali, gallerie d’arte, e finanziando grandi eventi espositivi ai fini turistici.

Praticando una sottile e strisciante, progressiva “privatizzazione”, in quanto quei capitali surrogano le sempre minori scelte e capacità di investimento pubblico per la cultura ed il patrimonio artistico, consentendo così a musei prestigiosi, anche di fama internazionale, di non chiudere i battenti per le spese di mantenimento, attività, personale e valorizzazione delle collezioni.

Questo è quello che oramai accade, sia in Europa che negli Stati Uniti, da diversi anni, dove gli sponsor sono le più importanti Companies dei combustibili fossili: Shell, Total, British Petroleum, fino all’italianissima Eni. Oppure, quando non direttamente le imprese – e fermandoci in Italia – a svolgere la stessa funzione sono le cosiddette “banche armate” (in quanto prestano i propri servizi all’industria delle armi), Intesa Sanpaolo ed Unicredit, che sono anche tra i più importanti istituti di credito mondiali per gli investimenti nell’industria dei combustibili fossili.

È evidente che una presenza così “pesante” di soggetti privati nel sostegno alla cultura snatura di conseguenza la funzione di “servizio pubblico alla persona” e il ruolo di un museo o di una galleria d’arte.

Non è un caso, ma questo è riscontrabile a partire da realtà civiche piccole e medie della provincia italiana senza arrivare per forza a dimensioni metropolitane o internazionali, che le attività museali o gli eventi culturali da tempo sono sempre meno pensati e programmati, aventi come mission la crescita culturale di una comunità. Ma, al contrario, il destinatario finale è divenuto in maniera preponderante il turista, piuttosto che il cittadino.

Questo produce un progressivo impoverimento civile e culturale delle comunità locali, apporta ben poco al Pil di un territorio, e lascia “sul terreno” spesso anche danni ambientali e paesaggistici. L’industria del turismo, di cui Marco D’Eramo nel saggio edito da Feltrinelli “Il selfie del mondo. Indagine sull’età del turismo”, descrive con amaro realismo le conseguenze, è una fortissima causa di inquinamento, “di terra, di cielo e di mare”. E produce, anziché una crescita civile dei singoli e delle società, solo un forte spaesamento culturale. Basti pensare alle moltitudini di turisti scaricati a terra delle Cruise crocieristiche, e “deportati” per visite-lampo in musei, gallerie, siti archeologici, etc. Persone che, il più delle volte, dopo qualche ora, non si ricordano neanche il nome del museo o della dimora storica che hanno visitato. Grandi vettori delle crociere, che cercano anch’essi di rifarsi “una verginità” aziendale, allineandosi all’ingannevole concetto della “transizione ecologica”. Il caso più recente, per certi aspetti anche satirico, è quello reso dal nuovo spot pubblicitario della MSC Crociere. Il colosso del turismo, nato a Napoli, ma da tempo con sede legale e fiscale in Svizzera, nella narrazione promozionale vorrebbe dare l’idea di una reale conversione ecologica. Prima “confessa” le ragioni per cui è un grande inquinatore (emissioni, carburante, cibo spazzatura servito a bordo, dispendio energetico e luminoso, rumori, scarichi, etc.), poi si chiede se le crociere un giorno potranno mai raggiungere “emissioni zero”, affermando che per MSC sarà possibile. Però conclude, contrariamente all’elencare scelte pratiche e credibili già in essere, che continuerà a porsi l’interrogativo. Come se la soluzione appartenesse a qualche soggetto terzo, estraneo all’azienda.

Per cui, avvicinarsi alla galassia di Ultima Generazione, ma anche di altri movimenti parents, che si battono per la giustizia climatica, mettendo da parte filtri e lenti di una “insana” alterità generazionale, e pregiudizi e strumentalità politiche storicizzate e fossilizzate nel Novecento, significa anche scoprire la profondità culturale, iconografica e valoriale, che anima le scelte e le azioni di questo movimento.

Che è capace, oltre la sua specifica missione, di rimettere al centro della discussione pubblica, il rapporto che dovrebbe anche essere ricostruito tra politica culturale e crescita civile delle persone, proprio per la funzione sociale che la cultura rappresenta per una comunità ed un territorio. Chiamando anche le Istituzioni pubbliche ad un ritorno al proprio ruolo di garanti e sostenitori principali della cultura, senza alcuna demonizzazione del mecenatismo privato, ma senza che esso stesso assuma la funzione di “decisore” in conseguenza del peso economico apportato. E sapendo scegliere, questa è la sfida anche sotto il profilo etico, quel “denaro” privato che non sia il prodotto di quel capitalismo che sta per rendere inabitabile alla specie umana il pianeta Terra.

Quella della scelta etica è un esercizio, quasi dismesso in campo culturale dal soggetto pubblico, e lasciata alla buona volontà e spesso al coraggio del singolo artista o autore. In questo, significativo, è un piccolo episodio nel campo della letteratura, accaduto qualche mese fa: protagonisti, Angelo Ferracuti, uno dei più importanti scrittori italiani, e Giovanni Marrozzini, fotografo di fama internazionale. A settembre 2022 è uscito il loro libro, per Mondadori, “VIAGGIO SUL FIUME MONDO Amazzonia”; un reportage che racconta quella terra ed i suoi popoli, minacciati da disboscatori, cercatori d’oro, multinazionali del petrolio. Ad ottobre, a Venezia, avrebbero dovuto ricevere il premio del concorso letterario “Pagine della Terra”, iscritti d’ufficio dalla casa editrice. Un premio prestigioso, assegnato da una giuria importante (tra gli altri, Gennaro Sangiuliano, Ermete Realacci, Marco Frittella, Carlo Vanzina). Giorni prima si sono accorti che il main sponsor del concorso era l’ENI. Un’azienda che continua a trivellare, investire sul gas, per anni produttrice di biodiesel sfruttando proprio la foresta amazzonica, e principale emettitore italiano di gas serra. Considerato questo, Ferracuti e Marrozzini hanno scelto di non accettare il premio (che prevedeva anche un significativo assegno). Un buon esempio di radicalità. Che deve però stimolare anche l’assunzione di nuove e diverse responsabilità pubbliche.

Parte di una rete internazionale denominata A22, Ultima Generazione si è costituita nel 2021 e pratica azioni di disobbedienza civile nonviolenta per ottenere misure di contrasto al collasso ecoclimatico. Nel manifesto dell’organizzazione si legge: “Siamo l’ultima generazione del vecchio mondo. Siamo nell’ultima ora, quella più buia. Questo mondo viene decimato davanti ai nostri occhi. Siamo qui per costringere i governi a ridurre drasticamente le emissioni di carbonio, nient’altro. Siamo qui per l’azione, non per le parole”. Negli ultimi mesi hanno fatto parlare molto di loro per aver “imbrattato” opere d’arte nei musei e nelle piazze, un grido disperato per richiamare l’urgenza di dare risposte alla crisi ambientale.