Il traffico illecito delle opere d'arte

di Alessia Panella

Pubblicato in ÆS Arts+Economics n°7, Gennaio 2020

Il concetto di falso nell’arte inteso quale fenomeno illecito da punire penalmente è storicamente abbastanza recente. L’appropriazione e la «copiatura» erano nel passato usuali e tollerati. È noto quanto scriveva Marziale ad un plagiario «Si dice in giro, Fidentino, che tu le mie poesie reciti in pubblico come se fossero le tue. Te le regalerò, se vuoi che si dicano mie: comprale se vuoi che si dica che sono tue, e non saranno più mie». All’epoca era normale che si riproducessero opere dei maestri per imparare da loro. Essere «imitati» era segno di successo. Anche oggi il falso in sé e per sé può essere non punibile: si pensi al falso cd. d’autore o alla copia dello stile di un artista. Il nostro ordinamento giuridico infatti non punisce il falso ma la contraffazione. Lo stesso Michelangelo realizzò un Cupido in marmo di Carrara si dice su ordine di Lorenzo di Pierfrancesco Dei Medici che gli chiese forse di «antichizzarlo»: Cupido Dormiente. Il famoso Maestro lo seppellì per farlo sembrare un antico oggetto romano. L’inganno fu scoperto solo allorquando la piccola statua fu venduta al cardinale San Giorgio Raffaele Riario. È di epoca abbastanza recente l’introduzione negli ordinamenti giuridici del concetto di diritto d’autore, di autentica, di contraffazione e di tutela del patrimonio culturale nazionale oggetto anche di protezione penale. Solo dopo i grandi conflitti bellici, e i tristi eventi connessi, è tuttavia emersa a livello internazionale la necessità di una protezione dei beni culturali, anche vista la stretta correlazione tra diritti umani fondamentali – violati sistematicamente nel conflitto - e patrimonio culturale. A quel periodo risale la consapevolezza che il patrimonio culturale ha valore sovranazionale e che può essere oggetto di tutela efficace solo con lo sforzo di tutte le nazioni. Sono quindi stati siglati i primi trattati internazionali a tutela dell’esportazione/ importazione illecita delle opere d’arte e dei beni culturali: Unesco e Unidroit. Non solo. Quanto successo durante la seconda guerra mondiale ha fatto riflettere anche sul fatto che mai prima nella storia, nemmeno durante le guerre napoleoniche, la razzia di opere d’arte è stata così sistematica. I capolavori sottratti dai nazisti furono milioni in tutta Europa e spesso erano destinati ad essere rivenduti nel vicino mercato svizzero per realizzare denaro da destinare a fini bellici. Al dopoguerra risale quindi anche la presa di coscienza di come le opere d’arte rappresentino un grande mercato per i criminali - siano essi di stato o privati – e come questi se ne servano da un lato per investire fondi illeciti e dall’altro per commercializzare opere contraffatte. «Ci sono tombaroli che spogliano i siti archeologici, i collezionisti di oggetti proibiti. Ci sono i devastatori e ladri, i mercanti senza scrupoli e i falsari, terroristi e mafiosi che si servono dell’arte per speculare o ricattare lo Stato1 .. Cosa Nostra, con i traffici d’arte … si sta arricchendo. Per le cosche l’arte è un campo da depredare per trarne lucro. Lo dimostrano il patrimonio milionario sequestrato nel 2017 dalla Dia a un trafficante di beni archeologici di Castelvetrano …. o i 5361 reperti provenienti da scavi clandestini effettuati nelle Isole e nel Meridione, recuperati a Basilea grazie all’indagine Teseo del TPC2 ». Per quanto riguarda l’ordinamento giuridico italiano, risale a quel periodo la Legge 1089/1939, cd. Legge Bottai, sulla Tutela delle cose d’interesse artistico e storico. In epoca più recente con D. Lgs. 42/2004 è stato adottato il cd. Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che contiene l’unica normativa italiana che sanziona in modo specifico i comportamenti penalmente rilevanti nella circolazione dei beni culturali. Tuttavia non esiste sul suolo tricolore un corpus normativo che punisca in modo unitario il fenomeno del traffico illecito delle opere d’arte commesso da organizzazioni criminali e si ricorre ad illeciti disciplinati in generale dal Codice Penale o appunto dal Codice Beni Culturali e del Paesaggio. Detta normativa è tuttavia insufficiente, lacunosa e troppo complessa. A questo stato di cose ha tentato di rimediare il Ministro Franceschini con il disegno di legge Franceschini/Orlando, arenatosi definitivamente al senato durante quella legislatura (2017). Quel testo aveva ad oggetto proprio i reati contro il patrimonio culturale e superava la suddivisione tra le due fonti sanzionatorie a tutela del patrimonio culturale di cui sopra creando nuovi reati, inasprendo la pena di altri esistenti e introducendo aggravanti specifiche. Ivi è stato introdotto il reato di furto di beni culturali (ora disciplinato dall’art. 624 del Codice Penale se commesso ai danni di un privato e dall’art. 173 Codice dei Beni Culturali, se commesso ai danni dello Stato) oltre a quello di appropriazione indebita di beni culturali, ricettazione di beni culturali, riciclaggio di beni culturali e loro illecita detenzione. Il provvedimento disciplina anche l’esportazione illecita (con una previsione specifica per la loro confisca), il danneggiamento, la devastazione o saccheggiamento e financo l’uso incompatibile. Vi è una specifica norma sulla contraffazione e sulle attività organizzate per il traffico illecito. È prevista espressamente sempre la confisca. Vi è una sezione dedicata alle attività sotto copertura.
La proposta è stata ripresentata nel 2018 allorquando l’Italia ha ratificato la Convenzione di Nicosia adottata dal Consiglio d’Europa nel maggio 2017 volta a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali, nel quadro dell’azione dell’Organizzazione per la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. Il Segretario generale Thorbjørn Jagland ha dichiarato: «Non possiamo continuare a osservare, senza agire, la distruzione di siti storici e il traffico illecito di beni culturali preziosi da parte dei terroristi. La nuova convenzione segna una tappa importante nella nostra azione contro la criminalità organizzata transnazionale e i gruppi terroristici, per i quali il commercio di beni appartenenti al patrimonio culturale rappresenta una fonte di reddito. Chiedo agli Stati di firmare e ratificare la convenzione non appena possibile». La Convenzione, firmata dall’Italia nel 2018, è il primo provvedimento internazionale che sanziona comportamenti penalmente rilevanti, introduce il reato di furto, scavo illegale, falsificazione dei documenti, distruzione e danneggiamento di beni culturali e colpisce l’importazione e l’esportazione illegale dei beni. Sulla scia dell’interesse suscitato dalla firma della Convenzione da parte dell’Italia, il 18 ottobre 2018 la Camera – riprendendo il testo del Disegno di Legge Franceschini/Orlando - ha approvato una proposta di legge che si propone di riformare le disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale. Il testo inserisce nel codice penale le norme che si trovano oggi contenute prevalentemente nel Codice dei Beni Culturali e introduce nel Codice Penale un nuovo titolo, dedicato ai delitti contro il patrimonio culturale. Non ci resta che attendere l’eventuale entrata in vigore di questo corpus normativo. Ad oggi la normativa nazionale che sanziona e punisce i comportamenti penalmente rilevanti a tutela delle opere d’arte e dei beni culturali trova la sua fonte normativa nell’art. 9 della Carta Costituzionale ed è ripartita, come sopra precisato, tra norme generali inserite nel codice penale e norme specifiche inserite nel Codice dei Beni Culturali.

A
Costituzione

L’articolo 9 della Carta Costituzionale3 sancisce che la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. La norma quindi inserisce i beni culturali tra quelli aventi valore primario (come ha affermato la Corte Costituzionale). Lo stesso Codice dei Beni Culturali del 2004 in premessa afferma che il suo testo è stato adottato in attuazione del predetto art. 9.

B
Fattispecie di reato a tutela dei beni culturali previste e punite dal Codice Penale

La legge punisce una vasta gamma di condotte nella fase dell’acquisizione, dell’utilizzo, dell’alienazione di opere d’arte. Sino a quando in Italia non sarà approvata una normativa specifica spesso gli inquirenti dovranno continuare a far ricorso a fattispecie di reato previste e punite dal Codice Penale, soprattutto nella sezione dedicata ai delitti contro il patrimonio (Furto, Ricettazione, Riciclaggio, Danneggiamento) oltre che contro la criminalità organizzata (Associazione a delinquere).

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Nel Libro Secondo del Codice Penale, titolo XIII, in particolare al Capo I, tra i delitti contro il patrimonio commessi mediante violenza alle cose o alle persone sono disciplinati i reati di furto e danneggiamento.

Furto

In Italia non esiste una norma che sanzioni il furto di beni culturali e si deve quindi far ricorso alla tutela apprestata dalla norma generale sul furto, prevista e punita dall’art. 624 c.p., in combinato disposto con la circostanza aggravante prevista al n. 7 dell’art. 625 c.p. che punisce il furto «se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza». L’art. 624 c.p. punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 154 a 516 euro chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri4 . Lo scopo della norma è di tutelare il possesso delle cose mobili.
Il soggetto attivoè colui che si impossessa della cosa altrui senza esserne proprietario (questi non può commettere il furto nemmeno allorquando sottragga un bene a chi ne abbia il godimento). Il soggetto passivo del reato è il possessore: unico legittimato a sporgere querela. L’oggetto materiale dell’azione è la cosa mobile altrui (cioè di proprietà di altri) mentre l’azione esecutiva è il suo impossessamento. L’elemento soggettivo è il dolo specifico ovverosia la coscienza e volontà di impossessarsi di una cosa altrui sottraendola al detentore al fine di trarne un profitto (economico o morale). Casistica Tra i reati commessi nell’ambito del diritto penale dell’arte il furto è quello più antico e comune. Numerosi sono i casi famosi di furto di opere eccezionali alcune delle quali sono state oggetto di ritrovamento, altre purtroppo non sono mai emerse perché trattenute dagli acquirenti conniventi con la criminalità o, addirittura mandanti, o perché andate forse distrutte. A.- Emblematico è il caso narrato nel film Una storia senza nome del regista Roberto Andò. Trattasi della Natività dipinta da Caravaggio e rubata dall’Oratorio di San Lorenzo nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 ad opera di Cosa Nostra. Il film parte dall’analisi della Relazione Parlamentare Antimafia6 la quale riassume 50 anni di indagini che vedrebbero il quadro giungere in possesso di Badalamenti il quale lo avrebbe a sua volta fatto arrivare in Svizzera ove sarebbe stato smembrato in 4 parti e venduto nel mercato nero. La ricostruzione è quella affidata alle dichiarazioni del pentito Gaetano Grado. Rimane ad oggi uno dei più grandi misteri dell’arte criminale anche per la straordinarietà dell’opera. L’opera, si legge nella relazione, «è ormai da considerarsi alla stregua di un grande latitante di mafia ed è inserita nella Top Ten Art Crimes del FBI, la lista dei più gravi furti d’arte al mondo compilata dalla famosa polizia americana, che ne stima il valore in 20 milioni di dollari, ammesso che l’opera possa averne uno sul mercato legale, essendo invendibile in quanto rubata». La relazione nelle conclusioni riflette sul fatto che questa «È purtroppo la storia semplice della banalità del male e del potere mafioso, capace di trattare un capolavoro d’arte assoluto come una cassetta di sigarette di contrabbando o una partita di droga, rapidamente trasferito all’estero in cambio di denaro sporco, a beneficio di spregiudicati collezionisti stranieri» e ancora mette in luce come reati di siffatta portata sono un crimine contro la Nazione, la Nostra Storia: «La lunga assenza (della Natività) ha inoltre impedito anche agli storici dell’arte di svolgere più accurati studi sull’opera, la cui iconografia non è del tutto decifrata né si è ancora ben ricostruito il significato, la committenza, i tempi, il luogo e l’occasione per cui è stata realizzata dal grande artista, un «gran lombardo», ma anche e soprattutto un grande italiano che, nato a Milano, visse a Roma e peregrinò tra Napoli, Malta, Siracusa, Messina e Palermo in Sicilia, prima di morire in Toscana, a Porto Ercole». B.- La stessa Gioconda fu rubata nel 1911 dal Museo del Louvre a Parigi. Il reato fu commesso da un giovane imbianchino italiano, Vincenzo Peruggia, che - alla stregua di Arsenio Lupin - si nascose in uno sgabuzzino del museo dove aveva lavorato, e né usci portando l’opera sotto il cappotto. Dopo due anni di indagini il Peruggia fu scoperto e l’opera fu restituita al museo.
C.- Due quadri di Van Gogh furono rinvenuti nel 2016 a casa del boss Raffaele Imperiale a Castellamare di Stabia: La spiaggia di Scheveningen durante un temporale e L’uscita dalla Chiesa protestante di Nuenen. Le opere sono state rubate nel 2002 nel Van Gogh Museum di Amsterdam e ritrovate grazie ad un’operazione della Guardia di Finanza. D.-Nel 2003 la famosa opera di Leonardo da Vinci La Madonna dei Fusi è stata rubata dal Castello scozzese di Drumlanring per essere ritrovata nel 2007 a Glasgow. E.- Una versione dell’Urlo e Madonna di Munch sono stati rubati nel 2004 dal museo del noto pittore a Oslo. Le opere successivamente sono state ritrovate ma Urlo è stato danneggiato in modo irreversibile sicché il restauro non lo ha potuto riportare allo stato originario. F.- Il Ritratto di Jacob de Gheyn III di Rembrandt, esposto alla Dulwich Picture Gallery, è stato rubato negli anni 4 volte. G.- Nel 2017 è stato rubato Composizione con Autoritratto di Giorgio De Chirico esposto dal Bèziers Art Museum in Francia, non ancora trovato. H.- Lo scorso anno un giovane ha tentato di trafugare il quadro Walled Off Hotel Print Box Set’ dell’Artista Banksy (sostituendolo con una copia) durante la mostra dedicata all’artista britannico dal MuDeC.

Danneggiamento

L’art. 635 del Codice Penale punisce chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia oppure compie la stessa condotta nei confronti di specifici beni altrui quali anche edifici pubblici o destinati ad uso pubblico o all’esercizio di un culto o cose di interesse storico o artistico6.
Il reato è stato oggetto di depenalizzazione con il D.Lgsl. n. 7/2016 nella sua forma semplice - ovverosia nella fattispecie del danneggiamento dei beni di proprietà di qualcuno – mentre rimangono penalmente rilevanti i casi di danneggiamento aggravato. Il legislatore del 2016 ha quindi ritenuto grave e degno di tutela il danneggiamento di cose di interesse storico o artistico, aventi interesse di rango costituzionale. Nell’ambito artistico il reato è stato oggetto delle cronache giudiziarie non solo nelle ipotesi di distruzione, alterazione, deterioramento di opere d’arte ma anche nei casi di street art. Spesso le opere street sono state «vissute» in giurisprudenza come atti di danneggiamento e/o deturpamento o imbrattamento e come tali puniti. Emblematico è il caso occorso all’artista Alice Pasquini. Alicé, come è conosciuta in tutto il mondo la quale prima Din, è stata condannata nel 2016 dal Tribunale di Bologna per danneggiamento, nella specie per aver imbrattato un muro nel centro storico di quella città allorquando ha realizzato un’opera street. Alcune di queste opere di «imbrattamento» sono tuttavia state poi «curiosamente» distaccate dall’istituzione museale bolognese Genus Bononiae ed esposte nella mostra Banksy & Co. Nello stesso periodo invece diversa sorte ha avuto Manu Invisible52. L’artista è stato accusato di imbrattamento e deturpamento per la realizzazione di un’opera di street art nel sottopassaggio ferroviario di Milano Lambrate. Egli tuttavia è stato assolto con formula piena in quanto il giudicante in questo caso ha affermato che la parete su cui il pittore ha eseguito l’intervento era in precedenza già completamente imbrattata e deturpata e l’artista ha agito con l’intento di abbellire la facciata realizzando un’opera di oggettivo valore artistico. Quindi: imbrattamento illegale o opera d’arte? A volte la differenza tra lecito ed illecito ha confini sottili e il concetto di arte sembra variare non solo nel tempo ma anche da luogo a luogo, forse da mente a mente e ciò soprattutto allorquando le norme sono generiche e discrezionali. Tuttavia in fondo questo è anche il bello dell’arte: ciascuno ha il proprio punto di vista o come succede nel film L’attimo fuggente ciascuno vede le cose dal proprio punto di vista: dal proprio banco.

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Nel Libro Secondo del Codice Penale, titolo XIII, in particolare al Capo I, tra i delitti contro il patrimonio mediante frode sono disciplinati i reati di ricettazione e riciclaggio. Dette previsioni normative sono importantissime in tema di tutela delle opere d’arte da comportamenti criminali in quanto non esistendo, come sopra descritto, un corpus unitario di reati aventi ad oggetto il traffico di beni culturali, dal combinato disposto di furto e danneggiamento - che puniscono direttamente gli atti di violenza sui predetti beni - e ricettazione e riciclaggio che puniscono gli atti fraudolenti tesi ad assicurare il profitto dei primi (cd. reati presupposto) si ottiene una tutela contro le operazioni organizzate ai danni del patrimonio artistico italiano. Questo non senza lacune. Occorre evidenziare comunque che spesso le opere d’arte sono interessanti per gli evasori fiscali a cui si affiancano membri criminalità organizzata. La ragione è semplice: nel commercio delle opere l’identificazione degli oggetti spesso è difficile, essi si prestano a varie provenienze ed il loro valore è aleatorio, soggettivo, varia da piazza (luogo), periodo e qualità del venditore e/o del compratore. Le somme investite sono sempre più elevate con oscillazioni di prezzo notevoli e arbitrarie e si prestano quindi a «gonfiare legalmente» dei patrimoni. Secondo l’Associazione per la ricerca sui crimini contro l’arte, il riciclaggio di denaro effettuato attraverso la compravendita internazionale di opere d’arte frutterebbe alla criminalità organizzata guadagni annuali miliardari di poco inferiori ai guadagni da traffico di stupefacenti.

Ricettazione

L’articolo 648 del Codice Penale punisce con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da euro 516 a euro 10.329 chiunque al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve, occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi diritto o comunque si intromette nel farli acquistare ricevere o occultare. Il legislatore ha inserito il reato nel Libro Secondo, titolo XIII in particolare al Capo II tra i delitti contro il patrimonio mediante frode. Scopo della norma è quello di impedire che persone diverse da quelle che hanno commesso un delitto possano trarne un vantaggio. Presupposto della norma è l’esistenza di un altro delitto (non contravvenzione). Il soggetto attivo è qualunque persona diversa da colui che ha commesso il reato presupposto. L’oggetto materiale dell’azione è il danaro o la cosa proveniente da altro delitto. La condotta consiste nell’acquistare, ricevere o occultare cose oggetto del delitto o nell’interporsi nell’acquisto, ricezione. L’elemento soggettivo è il dolo specifico ossia la coscienza e volontà di acquistare, ricevere o occultare denaro o altre cose con la consapevolezza della provenienza delittuosa delle medesime (o la coscienza e volontà di intermediarne l’acquisto, la vendita o l’occultamento) e con il fine di procurare a sé o ad altri un profitto. Se il reato di furto è uno dei più noti reati commessi a danno delle opere d’arte esso, nella realtà, costituisce il reato presupposto di quello di ricettazione. I ladri infatti, una volta rubate le opere le rivendono a privati o addirittura ad organizzazioni che sanno già dove veicolare la refurtiva. Nell’aprile 2017 la cronaca giudiziaria ha reso nota la condanna avvenuta in primo grado con sentenza resa dal Tribunale di Savona per furto aggravato e ricettazione nell’ambito di un’indagine iniziata con il ritrovamento di opere trafugate nel 2011 da un’abitazione di Montecarlo. In particolare, a Monza nel corso di un controllo ad un’auto, era stato rinvenuto a bordo un dipinto di Morandi rubato. Ne è seguita un’indagine, denominata Operazione Mao condotta dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico di Monza, con i colleghi di Imperia, durante la quale sono stati rinvenuti in un container a Campochiesa altri 11 dipinti (tra cui Morandi, Léger, due opere di Warhol raffiguranti Mao, Balthus).
Quali accortezze utilizzare per evitare una condanna per ricettazione di un’opera d’arte:
a) acquistare da «canali istituzionali»;
b) utilizzare strumenti di pagamento tracciabili;
c) acquisire i certificati di autenticità;
d) comprare ad un prezzo «congruo»;
e) consultare preventivamente la banca dati del Nucleo TPC dei Carabinieri in caso di dubbio.

Riciclaggio

L’articolo 648 bis del Codice Penale punisce con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000 chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Il legislatore ha inserito il reato nel Libro Secondo, titolo XIII in particolare al Capo II tra i delitti contro il patrimonio mediante frode. Scopo della norma è quello di punire chi occulta la provenienza delittuosa di danaro, beni o altre utilità ovverosia coloro che, come si usa dire in gergo «lavano» i soldi. Anche detto delitto, come quello di riciclaggio, presuppone l’avvenuta commissione di un altro reato presupposto. Il reato è plurioffensivo e tutela l’amministrazione della giustizia, nonché l’ordine pubblico e l’ordine economico. Soggetto attivo del reato di riciclaggio è chiunque commetta atti idonei a dissimulare la provenienza illecita del denaro, beni o altra utilità. Elemento materiale del reato è costituito dal denaro, beni o altre utilità quindi il prodotto, il prezzo o il profitto proveniente da altro reato. L’elemento soggettivo è oggi il dolo generico ossia la coscienza e la volontà di sostituire o trasferire danaro o altre utilità di provenienza delittuosa. - Caso: è stata venduta all’asta di Sotheby’s a Londra per 12,5 milioni di dollari l’opera Hannibal di Jean Michel Basquiat importata negli Stati Uniti da un’azienda logistica inglese all’interno di una scatola che recava l’indicazione «dipinto (naturale)» e per un valore dichiarato di soli 100 euro. L’opera proveniva dalla sterminata collezione di Edemar Cid Ferreira, banchiere brasiliano condannato per bancarotta fraudolenta e per riciclaggio (condanna annullata e processo da ripetere). Dalla cronaca giudiziaria sia statunitense che europea si evince come spesso le opere d’arte vengano usate per riciclare denaro e non solo dalle cosche mafiose o dalle organizzazioni criminali bensì pure dagli operatori del settore o dai finanzieri. Anche durante le indagini relative ai panama papers è emerso che molte società offshore acquistavano o vendevano opere d’arte celando così l’identità dei soggetti coinvolti e le origini del denaro. Il tema del riciclaggio infine viene in rilievo con riferimento agli acquisti in criptovaluta per i quali spesso non è possibile l’identificazione degli acquirenti e dei venditori e ricostruire l’origine del denaro utilizzato in queste operazioni . La materia sarà oggetto di trattazione infra a cura del Tenente Collonnello Pietro Sorbello.

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A completamento della normativa codicistica utilizzabile dagli inquirenti per sconfiggere le organizzazioni criminali spesso in concreto si fa ricorso all’associazione a delinquere.

Associazione a delinquere

L’articolo 416 del Codice Penale punisce con la reclusione da tre a sette anni coloro che promuovo, costituiscono o organizzano un’associazione (tre o più persone) per commettere più delitti. Per il fatto solo di partecipare all’associazione la pena è della reclusione da uno a cinque anni.

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Il legislatore del Codice Penale aveva inserito, per quanto tra i reati contravvenzionali, una sola norma specifica a tutela del patrimonio culturale. È necessario quindi farne menzione dopo aver trattato delle norme che tutelano «pure» i beni culturali anche se in concreto è desueta.

Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale.

L’art. 733 del Codice Penale punisce con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda non inferiore a euro 2.065 coloro che distruggono, deteriorano o comunque danneggiano un monumento o un’altra cosa propria se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale. La ratio della norma è evidente: i beni culturali rivestono interesse costituzionale e sono sottoposti non solo alla proprietà dominicale ma pure all’interesse pubblico alla loro conservazione. È evidente che il precetto ha valore più dichiarativo dell’interesse dello Stato alla conservazione dei beni culturali anche contro le azioni del proprietario ed è una norma di chiusura a cui nella pratica non si fa mai ricorso. Chi infatti avrebbe interesse ad autodenunciarsi? Come si prova la consapevolezza del valore del bene?

C
Fattispecie di reato a tutela dei beni culturali previste dal D.Lgs. 42/2004

Il Codice dei Beni Culturali detta una specifica normativa in materia penale nella sezione seconda agli articoli da 169 a 180. Trattasi principalmente di figure di reato proprio, contravvenzionali, di pericolo quindi con una anticipazione della punibilità rispetto al danno effettivo da verificarsi in concreto. Vengono punite condotte illecite nella fase dell’acquisizione, dell’utilizzo, dell’alienazione. Le principali sono la contraffazione (art. 178), la violazione delle norme sulle esportazioni o sull’uscita dei beni culturali dal territorio nazionale e i reati in materia archeologica che puniscono l’effettuazione di ricerche senza la prescritta autorizzazione o in violazione delle prescrizioni contenute nella concessione, l’omessa denuncia di rinvenimenti fortuiti e l’impossessamento illecito.

Contraffazione

Ai sensi dell’art. 178 si definisce contraffazione l’attività dell’agente consistente nella messa in commercio, nella detenzione per la messa in commercio, nell’introduzione nel territorio dello Stato o comunque nella circolazione in esso come autentici di esemplari di opere d’arte oggetto di contraffazione riproduzione o alterazione (cfr. sentenza n. 42122 del 15.10.2019 emessa dalla Corte di Cassazione Penale, Sez. 3^). La contraffazione può avere ad oggetto qualsiasi opera d’arte quindi di pittura, scultura, grafica o oggetto antico. Al fine di prevenire il più possibile i comportamenti criminali il legislatore ha quindi scelto di punire non solo chi crea detti oggetti al fine di trarne profitto ma anche chi li detiene a fini di commercio o chi li autentica conoscendone la falsità. Nella recentissima sentenza sopracitata la Corte ha confermato la condanna emessa contro un soggetto che aveva posto in vendita n. 4 quadri «a firma» l’uno di Fortunato Depero, l’uno di Primo Conti e due di Maurice Vlaminck. L’imputato si era difeso in giudizio negando di aver mai garantito l’autenticità delle opere. La Suprema Corte, confermando un orientamento consolidato, ha precisato che la norma incrimina la condotta di colui che pone in commercio come autentici esemplari contraffatti e quindi ha ritenuto corretta l’affermazione di penale responsabilità emessa in primo grado nei confronti di colui che dichiara, in contrasto con la realtà, che le pitture in vendita sono «a firma di». Infatti allorquando si assicura che le opere in vendita sono «a firma di» si forniscono «elementi tali da far ritenere di essere a conoscenza della autenticità delle medesime; la circostanza di aver fornito la predetta assicurazione, evidentemente per attribuire rilevante pregio agli oggetti posti in vendita in assenza di adeguate verifiche in ordine alla rispondenza al vero di tale indicazione, appare idonea ad integrare l’elemento oggettivo del reato in questione costituito dalla messa in commercio di opere d’arte contraffatte e quello soggettivo, quantomeno sotto il profilo del dolo eventuale, consistente nell’assunzione del rischio da parte dell’imputato che la sua assicurazione in ordine all’originalità di tali opere non risponda al vero». Quindi il reato di contraffazione si perfeziona non con la messa in vendita ma già con la detenzione per la vendita. Il reato infatti tutela non solo il patrimonio artistico dal suo inquinamento causato dalla circolazione di oggetti d’arte falsi ma pure la fede pubblica ed il mercato dell’arte. Ecco perché oggetto di tutela non sono soli i cd. beni culturali (Cfr. artt. 10 e 11 della legge) ma l’opera d’arte in sé, anche quella realizzata da artisti viventi o comunque da meno di 70 anni o da artisti semi-sconosciuti (ovvero l’opera non rientrante nella definizione di bene culturale). Per riassumere: quando per la giurisprudenza si configura il reato di contraffazione? La Suprema Corte, Sezione Penale, con sentenza n. 13966 del 22.01.2014 ha affermato che per la configurabilità del reato di cui all’art. 178, comma 1, lett. b) del d.lg. n. 42 del 2004, «non è necessario che l’opera sia qualificata come autentica, ma è sufficiente che manchi la dichiarazione espressa di non autenticità, atteso che la punibilità del fatto è esclusa, ai sensi dell’art. 179 del d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42, solo in caso di dichiarazione espressa di non autenticità all’atto dell’esposizione o della vendita, mediante annotazione scritta sull’opera o sull’oggetto, ovvero - quando ciò non sia possibile per la natura o le dimensioni della copia o dell’imitazione - con dichiarazione rilasciata all’atto dell’esposizione o della vendita».

Differenza tra contraffazione e appropriation art

L’argomento meriterebbe pagine e pagine di riflessioni comunque, ai fini della presente trattazione, basti sottolineare che le condotte incriminate si caratterizzano per essere tutte prive di apporto creativo. Non si punisce quindi la «rivisitazione» o l’appropriation art. Lo scrimen tra contraffazione e riproduzione creativa sta sempre nell’apporto originale, creativo. Secondo la giurisprudenza del Tribunale di Milano, ribadita nel famoso caso Isgrò contro Roger Waters e Sony (2017), per non aversi contraffazione nel caso di utilizzo di una tecnica artistica inventata da un altro artista è necessaria una forma espressiva o espositiva originale, che può essere valutata solo in concreto caso per caso. In materia di arte appropriativa il Tribunale di Venezia, Sez. spec. Impresa, il 7 novembre 2015 ha precisato che «L’opera d’arte appropriazionista che facendo uso del détournement, dello scandalo e della beffa, trasmetta un messaggio creativo, originale ed autonomo chiaramente percepibile non può ridursi a mera contraffazione dell’opera appropriata, ma deve ritenersi lecita in virtù dell’esimente della parodia, secondo quanto argomentato dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea n. 201 del 3 settembre 2014 (C-201/2013), essendo la parodia medesima riconosciuta come diritto costituzionalmente garantito nell’ordinamento interno dagli artt. 21 e 33 della Costituzione». L’art. 179 del decreto legislativo espressamente scrimina, cioè dichiara non punibile, il comportamento di colui che riproduce, detiene, pone in vendita o altrimenti diffonde copie di opere od imitazioni di oggetti di antichità o di interesse storico od archeologico, dichiarate espressamente non autentiche all’atto dell’esposizione o della vendita, mediante annotazione scritta sull’opera o sull’oggetto o, quando ciò non sia possibile per la natura o le dimensioni della copia o dell’imitazione, mediante dichiarazione rilasciata all’atto della esposizione o della vendita.

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Quali sono quindi gli strumenti per prevenire i crimini nel mondo dell’arte?

I sistemi di allarme e controlli a disposizione oggi di musei e spazi espositivi privati rendono più difficile il furto da parte del ladro cd. alla Arsenio Lupin. Certo vi sono opere esposte al pericolo del furto in modo più sensibile di altre. Si pensi all’arte sacra spesso esposta in chiese che non hanno per loro natura la possibilità di fornire una protezione a quanto esposto. O ancora si pensi ai documenti di archivio. Come si legge a pagina 7 del volume pubblicato dal Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio relativo All’attività Operativa del 2018, «tra le tipologie di beni culturali risultate di maggior interesse criminale, quella comprendente documenti archivistici e i beni librari (in particolare sottratti da strutture ecclesiastiche) si conferma, anche nel 2018, la più colpita. Tale fenomeno è riconducibile principalmente alla facilità per i criminali di occultamento dei volumi, dei documenti e delle singole pagine che sono così facilmente asportabili dalle biblioteche e dagli archivi». Ivi, a pagina 11, ancora si legge che «Dalle attività condotte da questo Comando per contrastare i crimini in danno del patrimonio culturale, si rileva che i furti negli scavi clandestini rappresentano le tipologie di reato più frequentemente perseguite». Ancora ivi, a pagina 12, il Nucleo precisa che «a seguito delle verifiche svolte presso antiquari mercanti d’arte, sui cataloghi, su siti Web generici e di settore, sono stati sottoposti ad accertamento fotografico nella banca dati dei Beni Culturali illegittimamente sottratti» migliaia di oggetti d’arte. L’anonimato che apparentemente viene garantito dalla rete, nonché la facilità di effettuare compravendite con un click in ogni località del mondo hanno contribuito alla crescita esponenziale del commercio sul Web anche di beni d’arte». Tuttavia oggi l’evoluzione delle tecniche scientifiche favorisce un gran numero di vendite di oggetti contraffatti, scoperti anche negli Stati Uniti in storiche gallerie che hanno venduto capolavori, poi risultati falsi, a collezionisti importantissimi e per milioni di euro. Per combattere più efficacemente questi crimini è sicuramente urgente e necessaria una riforma normativa. Leggendo alcuni casi criminali famosi pare evidente come il nostro sistema normativo penale a tutela dei beni culturali sia paragonabile ad un barca che fa acqua e come sia necessaria una normativa da un lato meno oppressiva e più simile quella dei paesi di common law e dall’altro in grado di costituire un sistema organico che sanzioni in modo più rigoroso, oggettivo e certo comportamenti criminali organizzati. Tuttavia la citata riforma non è sufficiente. Diviene sempre più importante una educazione alla due diligence e all’utilizzo di strumenti scientifici di indagine. Certo la criminalità viene ogni giorno messa in difficoltà dal valido lavoro dei Carabinieri del Nucleo PTC e dagli Agenti della Guardia di Finanza. Tuttavia è necessario che diventi abituale eseguire una due diligence sulle opere d’arte sia nella forma documentale che a mezzo di analisi scientifiche, con scanner potentissimi , attraverso la riflettografia infrarossa e ultravioletti in grado di pervenire ad analisi puntuali sull’autenticità. La due diligence documentale peraltro oggi è facilitata dell’utilizzo di indagini on line e della blockchain, in grado quest’ultima di rendere immodificabili i certificati di autenticità e le informazioni sulla provenienza inserite nella catena di informazioni.

Alessia Panella è avvocato. Si occupa di diritto civile e ha lavorato come avvocato specializzato in contratti di appalto pubblici e privati presso cooperative ed aziende private. Si occupa di contrattualistica nell’ambito del diritto dell’arte, vantando tra i propri clienti galleristi e artisti, essendo lei stessa appassionata collezionista. Ha insegnato Diritto dell’Arte e Diritto d’Autore presso lo IED di Venezia, è professore a contratto presso il Master Management delle Risorse Artistiche e Culturali allo IULM di Roma, pubblica articoli in giornali e riviste specializzate in Diritto dell’Arte. Coordina il gruppo di lavoro Arte e Cultura dell’Associazione Economisti e Giuristi Insieme costituita dal Consiglio Nazionale del Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, dal Consiglio Nazionale Forense e dal Consiglio Nazionale del Notariato. Fa parte del Forum per l’Arte Contemporanea creato presso il Museo Pecci di Prato. È componente il CDA del Museo di Miramare di Trieste ed è componente del consiglio dell’AIMIG (Amici Italiani del Museo di Israele di Gerusalemme).

Note

(1) Roberto Riccardi, Detective dell’Arte dai Monuments men ai Carabinieri della cultura, Rizzoli 2019, Pag. 228.
(2) Roberto Riccardi, Detective dell’Arte dai Monuments men ai Carabinieri della cultura, Rizzoli 2019, Pag. 228.
(3) Art. 9 Costituzione «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica
[cfr. artt. 33, 34].Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».
(4) Art. 624 c.p. «Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di
trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro
154 a euro 516.
Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che
abbia un valore economico.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli
articoli 61, numero 7), e 625».
(5) documenti.camera.it › documentiparlamentari › IndiceETesti › INTERO
(6) Art. 635 c.p. «Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose
mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione del delitto previsto
dall’articolo 331, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Alla stessa pena soggiace chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili
le seguenti cose altrui:

  1. edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto o cose di interesse storico o
    artistico ovunque siano ubicate o immobili compresi nel perimetro dei centri storici, ovvero immobili
    i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o risultano
    ultimati o altre delle cose indicate nel numero 7) dell’articolo 625;
  2. opere destinate all’irrigazione;
  3. piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o boschi, selve o foreste, ovvero vivai forestali destinati al
    rimboschimento;
  4. attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni
    sportive.
    Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili
    altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con
    la reclusione da uno a cinque anni.