La committenza come sostegno ai giovani artisti
di Alessia Panella
Pubblicato in ÆS Arts+Economics n°2, Ottobre 2018
Se in Italia il mercato dell’arte, in special modo quella contemporanea, fatica a decollare il collezionismo invece privato invece è maggiormente diffuso rispetto ad altri paesi stranieri. La ragione è culturale.
Mentre i grandi mecenati statunitensi univano alla passione per la collezione e per la filantropia un indubbio vantaggio fiscale, abbinando donazioni ai musei ed immortalità del loro nome, in Italia le vendite tra privati sono per cosi dire «neutre» infatti non sono soggette a tassazione (entro certi limiti) ma nemmeno ad agevolazioni fiscali.
Laddove gli italiani mettono le loro collezioni ed il loro apporto al mondo dell’arte a servizio della comunità lo fanno perché hanno una naturale vocazione culturale e filantropica. Ed infatti gli operatori del settore spesso precisano che mentre i collezionisti stranieri sono concentrati nelle grandi città ove vi sono anche i grandi capitali (si parla delle piazze di New York o Londra) in Italia le collezioni private, associazioni e fondazioni artistiche sono presenti su tutto il territorio nazionale.
Una «mappatura» delle sole Fondazioni Italiane di Arte Contemporanea le colloca non solo in citta come Torino, Milano, Como e Venezia ma ovunque per giungere sino in Sicilia a Catania. Anche associazioni e collezioni private sono diffuse fino a raggiungere angoli inaspettati del Paese, un esempio è Favara dove si trova Farm Cultural Park.
L’apporto dei mecenati spesso avviene tramite committenza ai giovani artisti al fine di finanziarli e far circolare le loro opere. Infatti sia che costoro mettano a disposizione spazi di propria proprietà o che destinino luoghi istituzionali deputati ad ospitare mostre di artisti, accanto all’attività educativa (che va dal mettere a disposizione le educatrici al pubblico al promuovere giovani artisti e curatori,) la commissione di opere è lo strumento con il quale si aiutano maggiormente i giovani artisti che non avrebbero danaro per realizzare e mostrare il loro lavoro. Si pensi infatti a premi che consentano al vincitore di avere a disposizione danaro per realizzare complicate installazioni o video oppure addirittura materiale (quale marmo) per realizzare una scultura.
La commissione all’artista può avvenire da parte del singolo collezionista, quindi dal privato, o – come forse più spesso accade a livello internazionale - grazie a progetti che vedono coinvolti musei e fondazioni o associazioni private no profit (che destinano somme da dare all’artista che magari potrà con il danaro realizzare l’opera e che verrà esposta ne museo). In questi casi l’apporto del privato può essere necessitato anche dalla carenza di fondi pubblici o semplicemente dalla volontà del collezionista illuminato che si spende in prima persona per passione ed amore verso l’arte e la collettività.
In dette ipotesi accanto alla commissione ci può essere anche la mera donazione quindi il committente, che diverrà per esempio proprietario dell’opera, può essere diverso dal donatore o sponsor.
Illuminati mecenati accanto alla committenza pura e semplice abbinano la cosiddetta residenza d’artista ovverosia l’artista viene ospitato dal committente che mette a disposizione studio ed abitazione, spesso vitto ed alloggio, ed a volte costo dei materiali per un determinato periodo al termine del quale il committente realizza una mostra del giovane artista e può, se previsto dal contratto, divenire proprietario di una o più opere.
La committenza è quindi la leva del mecenatismo. Vi è da dire che da sempre, soprattutto in Italia, le grandi opere del passato sono state oggetto di commissione sia da parte della Chiesa che del Principe mecenate.
Nel 1400 la Commissione di dipinti era la regola così come la regola era la stesura di un contratto, redatto anche da un notaio, ove si precisava qual’era l’opera da realizzare, addirittura ci poteva essere una descrizione sommaria di quanto oggetto di rappresentazione, a volte si precisava pure la qualità del colore da utilizzare. Accanto al Committente ci poteva essere pure il donatore o finanziatore.
Committenza
La commissione tuttavia è anche un contratto che ha leggi ben precise.
Nel nostro ordinamento giuridico per committente si intende colui che nell’ambito di un contratto di appalto, di prestazione d’opera o creazione di opera dell’ingegno commissiona il compimento di un’opera o di un servizio, nel caso che ci riguarda di un’opera d’arte, assumendo l’obbligo del corrispettivo.
In deroga alle norme generali della legge sul diritto d’autore (le quali stabiliscono che egli divenga automaticamente proprietario dell’opera con la semplice creazione e titolare dei diritti patrimoniali e morali sulla medesima) in presenza di un contratto di committenza l’artista con la creazione diviene titolare dei soli diritti morali (inalienabili) e non dei diritti patrimoniali sull’opera la quale sorge già in proprietà del committente.
Naturalmente nel caso concreto molti sono gli aspetti giuridici spinosi che potrebbero far discutere committente ed artista specialmente nella nostra epoca in cui non si tratta più di commissionare un dipinto o una scultura e nemmeno spesso una fotografia ma opere con media molto diversi, installazioni, performance. É buona norma quindi che il legale chiamato a redigere un contratto di commissione o il bando di gara di un progetto destinato a finanziare opere d’arte, residenze d’artista, lavori di giovani e loro successive mostre chiarisca nel negozio giuridico chi è il committente, se oltre al committente vi è un mero donatore o sponsor ovvero se questi ultimi partecipino di alcuni diritti del committente. In ipotesi di più committenti il negozio giuridico dovrebbe precisare chi è il titolare dell’opera unica commissionata (per esempio contitolarità). Se oggetto della committenza è un’opera che si presta ad avere più pezzi il contratto dovrà stabilire quante saranno di proprietà del committente e quante dell’artista, quante opere e per quanto tempo dovranno essere esposte in mostre e quali tipi di mostre sono state promesse all’artista (per esempio nel caso della residenza d’artista). Dal canto suo l’artista conserva la titolarità dei diritti morali tra i quali quello alla paternità, all’integrità dell’opera e al ritiro della medesima, diritti inalienabili. Può nel concreto avvenire che in un contratto l’artista si riservi alcuni dei diritti patrimoniali d’autore e pure che egli chieda che sia precisato dove è stato convenuto che l’opera commissionata sia esposta nel lungo periodo. Ciò in quanto residuandogli i diritti morali egli potrebbe poter esercitare in certe ipotesi per esempio il diritto al ritiro.
Noto è il caso del dipinto commissionato a Diego Rivera da Nelson Rockefeller a New York negli anni ’30. La Sig.ra Abby Rockfeller, madre di Nelson e fondatrice del Moma, suggerisce al figlio di commissionare un murales per la hall del Rockefeller Center ad uno tra i seguenti pittori: Matisse, Picasso e Rivera. I primi due rifiutano ed il lavoro viene commissionato a Rivera. Il dipinto doveva essere uomo al crocevia che guarda verso il futuro e l’artista fornisce uno disegno di ciò che avrebbe dipinto che viene approvato. Rivera tuttavia nel corso dell’opera decide di ritrarre nel dipinto Lenin. Rockefeller gli scrive chiedendo di eliminare il volto di Lenin non presente nel bozzetto approvato. L’artista si rifiuta. Il manager dell’edificio liquida il pittore pagandogli il compenso pattuito ed il dipinto viene prima coperto, nel tentativo dei Rockfeller di salvarlo, e poi distrutto. E’ chiaro che nel contatto vi era un bozzetto approvato dal quale l’artista si è allontanato sicché pur essendo egli stato pagato il murales non era di sua proprietà.
Quanto alla giurisprudenza, essa è chiara nell’affermare che il linea di principio con la committenza passano tutti i diritti patrimoniali. Il Tribunale di Milano con sentenza del 7 giugno 2016 in materia di video ha affermato «che l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera video spetta a chi ha organizzato la produzione dell’opera, presupponendo l’art. 45 L.A. che i rapporti tra il produttore e gli autori dei contributi siano regolati da contratti d’opera che giustificano l’attribuzione al produttore a titolo derivativo del diritto di sfruttamento economico dell’opera cinematografica». Prosegue il Tribunale «La regola stabilita dalla citata norma per le opere cinematografiche esprime un principio generale, applicabile quando gli autori creano un’opera dell’ingegno su incarico e risulti la volontà d’attribuire al committente, oltre alla proprietà del supporto materiale, una o più facoltà rientranti nel diritto patrimoniale d’autore. Nei casi come quello di specie, in cui sia provata l’esistenza di un contratto d’opera, la misura e le dimensioni dell’acquisto dipendono dall’oggetto e dalla finalità del contratto. Il committente acquista le facoltà patrimoniali rientranti nei limiti dell’oggetto e delle finalità del contratto. L’autore dell’opera, infatti, resta titolare delle facoltà ricomprese nel diritto patrimoniale diverse da quelle cedute al committente (art. 19 e art. 119, comma 5 L.A.). Pertanto, deve verificarsi in concreto, e di volta in volta, quali diritti di utilizzazione siano stati trasferiti e se le parti abbiano inteso pattuire delle limitazioni all’esercizio dei diritti di utilizzazione economica delle opere commissionate».
Il committente e l’artista quindi dovranno sempre munirsi di un contratto scritto il più possibile dettagliato anche se in materia la forma scritta dell’accordo non è essenziale (in deroga alle norme sul diritto d’autore).
Alessia Panella è avvocato. Si occupa di diritto civile e ha lavorato come avvocato specializzato in contratti di appalto pubblici e privati presso cooperative ed aziende private. Si occupa di contrattualistica nell’ambito del diritto dell’arte, vantando tra i propri clienti galleristi e artisti, essendo lei stessa appassionata collezionista. Ha insegnato Diritto dell’Arte e Diritto d’Autore presso lo IED di Venezia, pubblica articoli in giornali e riviste specializzate in Diritto dell’Arte. Coordina il gruppo di lavoro Arte e Cultura dell’Associazione Economisti e Giuristi Insieme costituita dal Consiglio Nazionale del Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, dal Consiglio Nazionale Forense e dal Consiglio Nazionale del Notariato. È componente del consiglio dell’AIMIG (Amici Italiani del Museo di Israele di Gerusalemme).