La fondazione come osservatorio

di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e Riccardo Rossotto

Pubblicato su ÆS Arts+Economics n°2, Ottobre 2018

ÆS: La sua storia parte dagli studi di Economia e Commercio e dalla passione per l’arte e il collezionismo per approdare, fondendo le sue due anime, alla Fondazione che rimane comunque altro rispetto alla collezione. Qual è stato il momento in cui è scattato il desiderio di evolversi, di raddoppiare verrebbe da dire, e perché si è scelto lo strumento giuridico della Fondazione?
PS: Sono nata a Torino, dove mi sono laureata in Economia e Commercio e ho lavorato alcuni anni nell’azienda di famiglia prima di scoprire la mia passione per l’arte contemporanea. Nel mio percorso, è stato fondamentale un viaggio a Londra che ho organizzato nel 1992 con un’amica collezionista. All’inizio degli anni Novanta Londra era una città particolarmente vivace, gli Young British Artists e tutti gli artisti che avevano scelto di risiedere e di lavorare nella capitale britannica l’avevano resa una delle città più interessanti sulla scena artistica contemporanea. Durante quella settimana, grazie alla disponibilità dei galleristi londinesi, ho avuto la fortuna di conoscere personalmente molti artisti e di visitare i loro studi, un’esperienza che ha cambiato per sempre la mia vita. La visita allo studio di Anish Kapoor, per esempio, resta ancora oggi uno dei ricordi più emozionanti della mia storia di collezionista.
Credo che il più grande privilegio che l’arte contemporanea dà ad un collezionista sia infatti quello di poter conoscere gli artisti, visitare i loro studi, dialogare con loro, avere l’opportunità di comprendere meglio il loro lavoro. Personalmente ho sempre guardato all’arte come ad una possibilità di crescita interiore, non come a un investimento, e in quest’ottica conoscere gli artisti è stato essenziale. Del resto, nel fare un’acquisizione non mi sono mai chiesta se quell’opera potesse aumentare il suo valore nel tempo. Mi domandavo invece se l’artista stesse cogliendo uno degli aspetti più salienti della contemporaneità e fosse capace, attraverso il suo sguardo, di anticipare il futuro.
La mia collezione è nata con opere di artisti della mia generazione e si è sviluppata inizialmente lungo cinque grandi filoni. L’arte inglese innanzitutto, poi la scena di Los Angeles, città in cui ho conosciuto molti artisti e instaurato vere amicizie. Da italiana ho avuto fin dall’inizio un’attenzione particolare per l’arte del nostro Paese: cito solo Maurizio Cattelan, ma sono molti gli artisti italiani della nostra generazione con cui sono cresciuta. Amo molto anche la fotografia, che rappresenta il quarto tra i filoni iniziali della Collezione, l’unico a comprendere anche una sezione storica con fotografie realizzate dal 1839-40. Infine il quinto filone, per me fondamentale, è dedicato all’arte delle donne. Mi sono sempre sentita vicina alle tematiche di genere, che le artiste riescono ad affrontare in modo particolarmente preciso e coinvolgente. Grazie all’amicizia con alcune galleriste, come Monica Spruth, già negli anni ‘90 avevo compreso inoltre che essere artista ed essere donna poteva essere molto complicato, non solo perché i prezzi delle opere delle artiste erano più bassi di quelli fatti registrare dagli uomini. La situazione non è molto cambiata: ancora oggi i prezzi delle artiste sono inferiori rispetto a quelli dei colleghi maschi e nei grandi musei americani la presenza di artiste donne è solo del 20%. Credo quindi che dare maggiore attenzione alla voce delle donne, anche in campo artistico, sia essenziale.
Oggi la mia Collezione non è più divisa per per filoni, si è evoluta seguendo l’evoluzione del mondo dell’arte, oggi davvero globale. Ma i miei criteri sono rimasti gli stessi: guardo all’opera in sé e non al nome dell’artista innanzitutto, prediligo lavori che affrontano temi politici e sociali, non mi interessa acquisire opere per decorare la mia casa.
Nel 1995, spinta dalla volontà di aver un ruolo più attivo nel mondo dell’arte contemporanea, di sostenere gli artisti e aiutarli a produrre i loro lavori, ho dato vita alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, un ente no profit che lavora per promuovere l’arte contemporanea avvicinando ad essa un pubblico sempre più ampio. Viaggiando molto all’estero mi ero infatti resa conto che in Italia c’era meno attenzione per l’arte contemporanea: pochi erano gli spazi dedicati agli artisti e poche le istituzioni che si proponevano di supportarli nella produzione. Ho scelto lo strumento della fondazione perché volevo che fosse chiaro che la mia attività non aveva alcun profilo commerciale e perché, proprio per il suo essere no profit, ero convinta che la fondazione fosse lo strumento più efficace per dialogare con i musei internazionali. Il lavoro della Fondazione in questi 23 anni ha rispecchiato la sua mission: sostenere gli artisti, promuovendo la produzione di nuove opere, avvicinare all’arte contemporanea i diversi pubblici, soprattutto attraverso le attività educative, e collaborare con altri enti italiani e stranieri, dando vita a sinergie e reti.

ÆS: In tutto il mondo la direzione verso cui stiamo procedendo nel campo delle attività no-profit porta alla ricerca di una sostenibilità economica sempre più svincolata dal contributo pubblico e dettate, di converso, da una maggiore imprenditorialità degli enti. In Italia questo è il senso della riforma in atto: la Fondazione come sta affrontando questo tema? La normativa esistente in Italia, a confronto con quella straniera, aiuta l’iniziativa del privato-mecenate o scoraggia l’intervento del singolo?
RR: La progressiva diminuzione dell’impegno pubblico nell’ambito della cultura in generale, e dell’arte in particolare, è innegabile. D’altra parte per quanto attiene alle normative che incentivano l’iniziativa privata, che promuovono cioè il mecenatismo privato come sostituto del precedente sostegno pubblico, l’Italia ha sicuramente compiuto dei passi avanti. Basti citare la normativa del c.d. Art Bonus del 2014, il credito di imposta previsto a vantaggio dei donatori per favorire e promuovere le erogazioni liberali finalizzate alla manutenzione e al restauro di monumenti pubblici, o al sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura pubblici quali musei, biblioteche, archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali, fondazioni lirico-sinfoniche…
Di sicuro interesse, anche se tuttora in fase di sviluppo, è poi il progetto di trasformazione degli Istituti Italiani di Cultura in «Councils» sul modello dell’omonimo britannico, in poli di attrazione di iniziative private e pubbliche nell’ambito della promozione della cultura italiana all’estero. Non c’è dubbio, tuttavia, che tantissimo sia ancora da fare e che viviamo in un Paese che rivolge massimamente le proprie attenzioni, e le poche risorse disponibili, alla conservazione dell’arte antica piuttosto che alla promozione di iniziative nell’ambito dell’arte e della cultura contemporanee.
PS: Credo che in un Paese come il nostro, considerata l’attuale situazione degli investimenti pubblici e l’ampiezza del nostro patrimonio artistico, il rapporto e la collaborazione privato/pubblico sia una risorsa importante. In questi ventitre anni di attività, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ha sempre promosso la collaborazione con le altre istituzioni - pubbliche e private, italiane e straniere - con il fine di sostenere e promuovere gli artisti e di avvicinare il pubblico all’arte contemporanea in modo più efficace. Forte di questa esperienza, mi sono convinta della necessità di mettere a disposizione l’expertise maturata dai privati nei molti anni in cui l’attenzione per l’arte contemporanea era quasi assente dall’agenda statale (ricordo che il MAXXI ha aperto solo nel 2010). Nel 2014 ho promosso la costituzione di una rete di fondazioni private con il preciso scopo di diventare un interlocutore unico e qualificato nei confronti delle istituzioni pubbliche e, in particolare, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Il Comitato Fondazioni Arte Contemporanea riunisce oggi quattordici fondazioni che hanno sede in tutt’Italia, da Torino a Venezia, da Milano a Catania, e che hanno sedi aperte al pubblico per la fruizione e la creazione dell’arte contemporanea. Nel 2015, grazie alla dottoressa Federica Galloni, Direttore Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del MiBAC, il Comitato ha sottoscritto un Protocollo d’Intesa con il Ministero che ha istituito uno Steering committee per la discussione, promozione e sensibilizzazione sui temi e le iniziative legate all’arte contemporanea in Italia. Il progetto ministeriale dell’Italian Council, che promuove la creazione e disseminazione di opere di artisti italiani, è uno dei risultati del dialogo avvenuto all’interno dello Steering committee del quale siamo molto fieri.

ÆS: La vostra esperienza è di rango internazionale. Siede nei board di importanti istituzioni straniere, è una profonda conoscitrice del mercato mondiale e ha da poco più di anno costituito la Fundacion Sandretto Re Rebaudendo Madrid. Quali differenze vedete con il panorama italiano nel rapporto pubblico/privato, nell’attenzione al collezionismo, nelle agevolazioni all’arte? In altre parole, cosa dovremmo «importare» in Italia e, al contrario, cosa ci invidiano all’estero? E sempre a proposito della Fundacion che ambiente trova in Spagna chi desidera percorrere la strada della Fundacion?
PS: Dopo molti anni di lavoro con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ho sentito il desiderio di allargare gli orizzonti della mia attività filantropica portandola nel contesto di una grande metropoli europea. Il sogno di aprire una nuova fondazione mi ha spinta in questi anni a visitare molte città e numerosi spazi. Ho scelto Madrid perché considero la Spagna la mia seconda patria e perché lo spagnolo è una lingua che conosco bene e che mi è molto familiare. Ho scelto Madrid perché è una grande capitale globale e perchè è un ponte verso la cultura latino-americana, una scena in crescita, che guardo da tempo con molta attenzione.
Mi sono poi letteralmente innamorata del Matadero Madrid, il centro per la cultura contemporanea che il Comune di Madrid ha istituito negli spazi dell’antico mattatoio. Il quartiere è sempre frequentato da molti giovani e da famiglie e ho intuito che questo sarebbe stato l’ambito ideale per portarvi un’esperienza simile a quella della mia Fondazione. Ho costituito una nuova fondazione in Spagna e, grazie a una convenzione siglata nel 2017 con il Comune di Madrid, la nuova Fundacion ha in affidamento per cinquant’anni gli spazi della Nave 9 del Matadero, in cambio della ristrutturazione e della successiva attuazione di un progetto culturale di carattere espositivo, educativo e di ricerca, centrato sulle diverse espressioni artistiche contemporanee. Nel 2002, il Centro di Torino della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ha aperto le porte dopo un processo di collaborazione fra pubblico e privato ed enti locali, un processo pilota che non aveva molti precedenti in quegli anni. Nel 2017, il progetto per l’apertura della Fundación Sandretto Re Rebaudengo Madrid si colloca analogamente nella sfera di una stretta collaborazione con il Pubblico. Non so se l’avventura sarà facile o difficile ma confido che con l’esperienza raggiunta lavoreremo bene.
RR: Mi ricollego a quanto già detto sul tema della ridotta attenzione del nostro Paese per l’arte contemporanea. Nell’esperienza internazionale ho avuto modo di verificare come all’estero il «sistema paese», quando non è direttamente pronto a incentivare o sostenere nuove iniziative nel campo della cultura e dell’arte contemporanea, lasci grande spazio all’iniziativa privata, offrendo supporti strutturali, come ad esempio la fruizione di spazi pubblici non altrimenti utilizzati, o incentivi ai finanziatori/mecenati che intendano mettere risorse proprie al servizio di una nuova iniziativa culturale. Senza parlare poi delle imprese di cultura all’estero, dove all’attività culturale viene spesso correlata una proposta commerciale che non è fine a sé stessa, cioè all’ottenimento di un profitto, ma riceve importanti incentivazioni e sgravi fiscali se utilizzata e reindirizzata al sostegno di nuove iniziative culturali.
La mia impressione è che l’Italia su questo fronte sia in forte ritardo.

ÆS: La gran parte delle mostre sono organizzate grazie al contributo di opere appartenenti a privati. Il prestito delle opere, però, è a volte giudicato da parte dell’Agenzia delle Entrate, come un atto volto all’aumento del valore delle opere e, di conseguenza, un atto che potremmo definire pre-commerciale. C’è una doppia visuale, da organizzatori di mostre e da collezionisti: cosa dobbiamo fare per non frenare questi prestiti che, invece, sono esattamente il contrario ossia gesti di pura generosità volti alla fruizione pubblica?
RR: Ho assistito negli anni alla evoluzione, o meglio involuzione, del trattamento fiscale riservato ai collezionisti. Mi sono chiare le esigenze dello Stato di «fare cassa» in ogni occasione possibile, ma mi è altrettanto chiaro che ci sia stato un cambiamento da una normativa che garantiva una netta differenza tra il trattamento fiscale riservato al mercante d’arte e quello riservato al collezionista che non professionalmente, anche se non occasionalmente, vendeva un’opera della sua collezione, ad una in cui questa chiarezza viene meno. Mentre mi sembra naturale che chi opera nel mondo dell’arte con fini puramente commerciali e speculativi abbia lo stesso trattamento di chi gestisce una qualsiasi altra attività di impresa, ritengo che sia un forte disincentivo e grandemente penalizzante assimilare il collezionista allo speculatore.
Oltretutto il consolidamento di un’interpretazione che «punisca» chi offra in prestito (gratuito) le proprie opere d’arte rendendole fruibili al pubblico a mio avviso causa certamente più danni in termini economico-culturali di quanti benefici ne possa trarre lo Stato dall’eventuale assoggettamento della vendita dell’opera al regime delle plusvalenze. Ciò in quanto molte delle persone disposte a dare corso a simili prestiti potrebbero rinunciare a farlo.

ÆS: Parliamo del Comitato Fondazioni Arte Contemporanea, una idea per la promozione dell’arte contemporanea. A quattro anni dalla sua costituzione ci potete fare un resoconto delle attività del comitato anche in relazione al protocollo firmato con il MIBACT? Quali obiettivi e quali vantaggi per il sistema arte italiano possiamo attenderci?
PS: Nei primi mesi della sua attività il Comitato si è proposto di realizzare una mappatura delle questioni che una fondazione privata operante nel mondo della cultura deve affrontare, sia dal punto di vista organizzativo, sia dal punto di vista finanziario e fiscale. Sono state poi promosse alcune iniziative volte a valorizzare la rete delle fondazioni attraverso l’organizzazione di incontri e presentazioni. La firma del Protocollo d’Intesa del 2015 e la conseguente costituzione dello Steering committee evidenziano l’attenzione che il settore pubblico ha dimostrato per il nostro progetto e per le nostre competenze ed esperienze. Con il Ministero abbiamo iniziato un dialogo su alcuni temi principali: lo sviluppo di progetti nelle periferie disagiate dei grandi centri urbani, finalizzati a rendere l’arte contemporanea fruibile ad un più ampio numero di persone; lo sviluppo di una piattaforma di proposte per rivedere il sistema delle agevolazioni di natura fiscale in favore della cultura; l’individuazione di nuove pratiche per promuovere i giovani artisti italiani supportandoli nella creazione delle loro opere, che ha trovato nel progetto dell’Italian Council istituito dal Ministero il suo primo eccezionale risultato.
L’obiettivo primario che si prefigge il Comitato, con il supporto delle istituzioni pubbliche, è la promozione della cultura – in particolare quella contemporanea – in Italia e all’estero. Credo che continuando a lavorare in queste direzioni il nostro sistema dell’arte contemporanea possa trarre grandi benefici.

ÆS: Per tentare di portare i capitali stranieri in Italia e far sì che i privati tornino a comprare nel nostro paese, elevando la nostra piazza al livello di quella newyorkese o di Londra, cosa si deve cambiare affiche i grandi collezionisti trovino casa qui accanto a Patrizia Sandretto Re Rebaudengo.
RR: I valori dell’arte contemporanea espressi dai mercati di Londra e New York sono assolutamente eccezionali. Non credo si possa sperare di eguagliarne il livello in tempi brevi. Senza dubbio, tuttavia, si può fare moltissimo per incentivare l’interesse di investitori e mecenati stranieri per il sistema dell’arte italiano.
In questo senso potrebbe essere utile la conferma ed espansione dell’art bonus anche a beni culturali privati vincolati (cioè non vendibili senza prelazione dello Stato e comunque non esportabili) e l’istituzione di sgravi fiscali, assimilabili a quelli garantiti ad aziende che investono in ricerca e sviluppo, per le aziende che investono in progetti culturali. Utile sarebbe poi il lancio di una free port area in Italia, assimilabile a quella esistente in Lussemburgo dove gli scambi e le compravendite di oggetti d’arte sono esenti da imposte finché i beni non escono da quell’area. Questo progetto sarebbe di sicura attrazione ed interesse per gli operatori internazionali (si pensi a depositi moderni di opere d’arte, che garantiscono l’integrità delle opere sia dal punto di vista della sicurezza, sia sotto il profilo della conservazione materiale), per le assicurazioni specializzate (che troverebbero concentrazioni di valori e quindi suddivisioni del rischio con l’influenza di specializzazione e riduzione dei premi); per non parlare della trasparenza che un’iniziativa come quella della free port garantirebbe, laddove solo le operazioni segnalate ed autorizzate sarebbero preservate da rilevanza fiscale e/o accertamenti, dando così grandissima pressione all’emersione di tutto il mercato sommerso delle opere d’arte che è una delle grandi lacune del nostro piccolo Paese. Infine potrebbe essere interessante la combinazione del regime fiscale riservato ai neo-residenti con gli investimenti nel settore.

Patrizia Sandretto Re Rebaudengo è collezionista, Presidente dell’omonima Fondazione e Presidente del Comitato delle Fondazioni Italiane Arte Contemporanea.  

Riccardo Rossotto è senior partner R & P Legal e Segretario Generale del Comitato delle Fondazioni Italiane Arte Contemporanea che ha risposto unitamente a Luigi Macioce responsabile dell’Art Desk dello studio.